Il cuore che pulsa. La maglia come seconda pelle. Il viso rigato da lacrime piene di emozioni. Gioia, rabbia, esultanza, dolore. E' un mix di sensazioni che fanno rima con la passione per una squadra, capace di occupare una parte fondamentale nella vita dei suoi tifosi, rappresentante un mezzo di evasione emotiva per gente che ha sempre voglia di sognare. Il Napoli non è una squadra di calcio, ma lo stato d'animo di una città
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sabato 27 ottobre 2012
Il piccolo Insigne diventa grande tra i grandi
Che fine hanno fatto le “promesse”? Insigne va a corrente alternata, Vargas sempre più ai margini di un calcio che non lo capisce e che lui stesso non capisce. Ma se per il cileno comincia ad aleggiare il sospetto che non sia ancora pronto per giocare nel Napoli, per l’ex pescarese, invece, c’è il dubbio che forse la strada scelta per favorirne la maturazione non è quella giusta. Mazzarri avrebbe voluto tenerlo un altro anno in provincia.
De Laurentiis ha ritenuto opportuno portarlo alla base. Il ragazzo ha ventuno anni e margini enormi di miglioramento. Le qualità le aveva dimostrate nelle prime partite di campionato quando è stato chiamato a sostituire lo squalificato Pandev. Le ultime tracce interessanti della sua presenza le ha lasciate in occasione della sfida con l’Aik. Quindi, lo sprazzo finale di Torino. Mazzarri (lo ha fatto chiaramente intendere) non ha gradito le critiche di chi gli ha rinfacciato un inserimento tardivo del ragazzino contro la Juventus.
E a sconfitta incassata, a Dnipropetrovsk ci ha tenuto a sottolineare che una «una cosa è la serie A altra cosa la B o il campionato cileno». Verità lapalissiana. Ma forse anche in questo caso c’è una terza via, praticabile e utile. Con il Napoli-Due Insigne sembra dimenticare quel che di buono sa fare; con il Napoli-Uno riesce a esaltarsi. Forse la sua graduale maturazione va ricercata facendolo giocare con i migliori (seppur per spezzoni di gara) che lo migliorano piuttosto che in un contesto di squadra in cui finisce per annegare nelle responsabilità.
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