Io ho un sogno. Maledetta ignoranza che fai rotta tra le menti della gente. Perché corrodere con pregiudizi e barberie l’essenza di uno sport che per molti, oltre ad essere una passione, significa speranza, vita, evasione!? È indecente e ingiustificabile quanto razzismo suoni ancora svergognato nella bocca di uomini che lasciano dipendere la propria opinione dal colore della pelle di un calciatore e dalla sua storia. Purtroppo questo fenomeno troverà sempre terreno fertile nei piccoli e deboli cervelli umani. Io ho un sogno e di certo non me lo farò schiacciare dall’ignoranza di pochi. Immagino napoletani e juventini, interisti e milanisti, romanisti e laziali che non alzano la voce, raggiungendo livelli di discriminazione pur di difendere i propri colori, la propria maglia. Una partita di pallone spesso diventa l’occasione per dare spazio al proprio razzismo, offendendo non solo una squadra ma anche una città che si impersoni fica nei cuori di undici calciatori, pronti a dare il meglio di sé pur di regalare gioie ed emozioni ai propri tifosi. È inaccettabile che nel XXI secolo ci siano ancora atti discriminatori, tali da dividere un Paese, spaccare l’orgoglio nazionale e creare polemiche e cattivo esempio a chi al calcio dà un senso maggiore di una semplice passione, soprattutto ai bambini. Io ho un sogno. Neri e bianchi insieme, senza minimi pregiudizi. I tempi di Ghandi, King e Mandela sono passati e oggi mentori come loro, della cultura etica, sociale e civile servirebbero ad educare un mondo che sembra stia perdendo i suoi valori. Le razzie continuano: perché? La scorsa stagione hanno fomentato odio razziale principalmente Verona, Lazio, Ascoli, Padova, Juventus e Roma con innumerevoli episodi di discriminazione verso i propria avversari. Il Sud sembra essere umile, forse perché nella storia ha imparato a soffrire, ad abbassare la testa dinanzi ai ricchi ma andando avanti con l’orgoglio e ad alzarla quando era arrivato il momento di ribellarsi, di dare spazio ai propri bisogni, di riprendersi un briciolo di dignità e libertà che i potenti volevano sottrargli. Io ho un sogno. Un calcio pulito, giocato nella sue essenza di sport e valore, vissuto dai più piccoli come strumento di crescita umana, nella speranza di diventare poi calciatori. Non esenti da colpe sono anche i giocatori stessi, nella testa di molti dei quali scatta quella brama di vittoria che offusca la mente e che induce addirittura ad offendere un proprio collega. In Italia non è mai stata attuata la norma che prevede di risarcire le squadre che subiscono episodi di razzismo. Perché non punire severamente chi persevera con questo fenomeno? Tanti perché, tante le domande. Forse l’unica risposta giace nella speranza. Io ho un sogno: che il mondo cambi mentalità, che in Italia non siano tutti fratelli solo quando gioca la Nazionale e che prima o poi l’ignoranza che risiede tra le lettere della parola “razzismo” venga abbagliata dal buon senso stesso dell’uomo.
Fabio Corsaro
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