Il cuore che pulsa. La maglia come seconda pelle. Il viso rigato da lacrime piene di emozioni. Gioia, rabbia, esultanza, dolore. E' un mix di sensazioni che fanno rima con la passione per una squadra, capace di occupare una parte fondamentale nella vita dei suoi tifosi, rappresentante un mezzo di evasione emotiva per gente che ha sempre voglia di sognare. Il Napoli non è una squadra di calcio, ma lo stato d'animo di una città
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giovedì 3 gennaio 2013
Aronica: "Sono abituato a queste piazza dove è necessario mangiare l'erba per vincere. Quando ho salutato Cannavaro m'è venuto da piangere. Fra due settimane al San Paolo l'emozione sarà incontrollabile"
In campo non ci è mai andato di fioretto ma di sciabola. La tecnica di fino non è cosa che gli appartiene, Totò Aronica ci va di potenza, di veemenza. Ci va di furbizia e di esperienza. Quattro anni e mezzo in maglia azzurra, quasi una bandiera. Ma i cicli finiscono e il gladiatore è tornato a casa. Nella sua Palermo, dov’è nato 34 anni fa. Difficile dire addio, ma la città che lo ha consacrato idolo gli ha reso tutto più semplice. Lo ha ringraziato, gli ha testimoniato affetto. Neppure quel maledetto retropassaggio col Torino, costato un pareggio all’ultimo minuto, aveva scalfito il rapporto forte tra Aronica e Napoli. Ecco la sua intervista rilasciata al Corriere del Mezzogiorno:
Dica la verità, quell’errore ha segnato un po’ il suo destino?
«No, assolutamente. Anzi, proprio in quella circostanza ho sentito forte l’appoggio dei compagni, del mister e della società. Mi hanno difeso pubblicamente e rincuorato nello spogliatoio. A me è dispiaciuto da morire, ma nel calcio capita e si va avanti».
Avanti col Palermo?
«Sì, inizia un nuovo ciclo. Diverso e da un certo punto di vista di grande stimolo. Sono un combattente per natura, abituato a questi campi. Reggina, Crotone, Messina: sono cresciuto calcisticamente in piazze dove devi mangiare l’erba per vincere. Palermo è la mia città, aveva bisogno di un calciatore di esperienza e mi ha dato fiducia».
Quattro anni da protagonista, poi la panchina. Quando è finito il tempo di Aronica?
«Be’ mi auguro non sia finito (ride). Il Napoli mi ha dato tutto, anche una splendida figlia. Mi ha fatto giocare su palcoscenici importantissimi, mi ha fatto vincere. Mi ha regalato gioie e soprattutto mi ha fatto sentire protagonista. Ringrazio tutti di cuore. Ora il mio spazio era ridotto e un po’ ci soffrivo. E’ arrivata una opportunità importante e l’ho presa. Ho scelto di continuare a combattere».
Rimpianti?
«Nessuno. Ho fatto anche di più di quello che potevo fare, ho avuto la fortuna di stare in uno spogliatoio unito e forte. Ho conosciuto amici veri».
Il rapporto con Mazzarri?
«Sempre molto vero. Prima di andar via abbiamo parlato a lungo ed è stato contento per questa mia nuova opportunità. L’ho ringraziato per il rapporto umano che abbiamo avuto e per quello professionale. Lui è un grande, mi auguro che resti ancora a lungo a Napoli, anche se non ci metterei la mano sul fuoco».
Gli amici?
«Lasciare Paolo Cannavaro mi ha fatto veramente male. Quando l’ho salutato mi è venuto il magone. Siamo fratelli. Mi dispiace molto per il momento che sta attraversando, la squalifica è una grande ingiustizia. Ma lui sa soffrire e tornerà presto e più forte di prima».
Tra due settimane Napoli-Palermo.
«Destino. So già che entrare al San Paolo mi farà emozionare, poi però sarò il combattente di sempre».
Napoli da scudetto?
«La Juve è fortissima, colmare il gap non è facile. Ma il Napoli chiuderà nei primi tre posti».
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