Questo il toccante ricordo di Carlo Iuliano del giornalista della Gazzetta dello Sport, Mimmo Malfitano:
Il telefono è squillato di buon mattino. Sul display è comparso il nome di Gianni Barone, il direttore della chirurgia dell’ospedale Fatebenefratelli, un amico di vecchia data, grande tifoso del Napoli e fondatore con Luis Vinicio della Lega Azzurra, l’associazione che nel 2003 contese a De Laurentiis l’acquisto della società dalla Fallimentare. «Mi dispiace dirtelo, ma Carlo è finito pochi minuti fa». Il primo sentimento è stato d’angoscia, poi il pensiero è volato ad Anna, amorevole compagna di una vita, e alle loro due figlie, Milena e Raffaella, orfane di un papà buono, che mai avrebbe avallato il male, nemmeno se racchiuso in un gesto innocuo. Carlo Iuliano non c’è più, demolito da un male improvviso che non ha tenuto conto di quella bontà che tutti quanti noi, giovani cronisti di allora, avevamo apprezzato in quei momenti di comprensione e rispetto: inseguivamo il sogno di fare i giornalisti, di seguire il Napoli. Già il Napoli, la sua vita per 34 anni, un periodo che lo ha visto al fianco di Corrado Ferlaino a gestire la comunicazione nel momento più difficile della storia del club: l’era Maradona. Era orgoglioso dei due scudetti vinti ed era convinto che questo Napoli avrebbe festeggiato il terzo, a maggio. Grazie, Carlo, e riposa in pace.
Il cuore che pulsa. La maglia come seconda pelle. Il viso rigato da lacrime piene di emozioni. Gioia, rabbia, esultanza, dolore. E' un mix di sensazioni che fanno rima con la passione per una squadra, capace di occupare una parte fondamentale nella vita dei suoi tifosi, rappresentante un mezzo di evasione emotiva per gente che ha sempre voglia di sognare. Il Napoli non è una squadra di calcio, ma lo stato d'animo di una città
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